“La mia vita con le blatte” di Simone Corà***(*)
Ho cominciato questo libro più di un anno fa. Lo ricordo bene, perché era proprio pochi giorni prima di quando ho visto Simone per l’ultima volta, a Vicenza, per la trasferta milanese dal Vampiro. E ricordo bene, dissi al vampiro mentre Silente era in bagno, che non riuscivo ad andare avanti, un po’ perché era già cominciato il periodo della non-lettura, un po’ perché le prime cinquanta pagine sono una palla. Ora… non è che io chieda l’azione subito, ma insomma… diocristosantissimo, fai succedere qualcosa! Ma il vampiro mi rassicurò. Lui lo aveva già letto, e mi disse che poi era bello, anche se era d’accordo con me. E aveva ragione. La mia vita con le blatte, diciamo pure il primo vero libro serio e curato di Simone Corà, è un bel libro. (Su questi schermi, del buon Corà! trovate anche questo, questo e questo) E ve lo dice uno che al buon Corà! non gliene ha mai fatta passare una, quando si facevano le garette. Hai ripetuto ottordici volte la stessa azione? E te lo dico! Hai fatto una battuta che ti credi Terry Pratchett e invece sei Jerri Calà? E te la prendi tutta la merda! Ha messo in piedi una vicenda inverosimile e assurda solo perché dovevi inserirci dello splatter e/o dell’horror e/o dell’umorismo nero o verde marcio, ma c’entrava come le zigulì sulla cacio e pepe? Ed eccomi qua a fartelo notare a suon di insulti… E invece… niente.
Qua la storia è pulita, bella, linerare. Un personaggio che fa il protagonista e mescola norditalianità, sfigatezza fantozziana e determinazione dei muratori a riposo. Ulisse Primi. Lui. Cinquanta pagine per presentare il personaggio (ora dico 50, ma potevano essere anche meno, eh) e qualche comprimario che poi sparirà. E poi, lei, la casa. Il teatro del nostro spettacolo. La casa della Blatte. Sì, scusate, forse non vi è chiaro che simone ama lo splatter, l’umorismo un po’ surreale e un po’ nero, e soprattutto la fantascienza libera, quella senza astronavi ma piena di mondi paralleli, quella senza robot, ma piena di creature a là Lansdale. Quello là del drive-in. E c’è una cosa che manca a Simone. Proprio non è nella sua indole: la cattiveria. E infatti, nella storia di Ulisse che affronta delle blatte giganti, antropomorfe e per nulla stupide che vivono nella casa che si è appena comprata, un vero villain manca. E questo è un gran pregio. Riesci a parteggiare o vergnognarti un po’ per tutti, dal vicino di casa col decespugliatore sempre in funzione, ai delinquenti pasticcioni, al vecchio scienziato pazzo, ai veri cattivi che si incontrano in mondi inaspettati e che, però, fanno solo il loro mestiere.
Ecco. La seconda parte è quella dove Simone torna se stesso e si decide a scrollarsi di dosso le catene che sembrava essersi messo addosso nella prima metà di libro. Perché questo è un libro di evasione, è un libro di caciara, è un libro che ti vuole far fare BLEAHHH! con tutte le maiuscole, oppure ti vuole far ridere di gusto per le sfighe altrui. Dal protagonista a quelle delle blatte, vuoi quando entra in scena Edvege Fenech, vuoi quando ne combinano una dietro l’altra lasciando che sia solo il povero Ulisse – pardon, Uomobarba – a prendersi la colpa o le conseguenze.
Di bello, nella creazione del microcosmo creato dalla storia, fatto di blatte e Ulisse all’interno di questo vecchio casolare nel mezzo della campagna veneta, c’è la credibilità. Capomacchina, Tommy Lee, Ozzy, Osbourne, il Tritacarne… sono tutti personaggi che dopo un po’ cominceranno a diventare familiari e vi sembreranno credibili. Certo, forse la prima persona, a tratti, sembra davvero prendersi troppo spazio, nei giudizi e nella costruzione dei punti di vista, rischiando di essere confuzionaria nelle descrizioni dei momenti concirtati, ma per come va a finire la storia, e per le scene finali, direi che non si poteva che farsela raccontare da Ulisse, questa sua vita con le blatte.
Ma vediamo di dirvi due parole in più sulla storia. Non copincollo dal Acheron perché quello lo fanno già tutti.
Allora, Ulisse Primi. Ha fatto i salti mortali ed è riuscito a comprarsi una vecchia casa in campagna, per fuggire dalla città e dal lavoro e godersi – aria aperta, bricolage, metal a manetta dalla sua collezione di dischi – un bel po’ dei suoi anni che rimangono. La casa sorge su tre cliché: il vicino di casa rompiballe-amicone-iperattivo; la vicina di casa pettegola-benpensante-odiosa e il vecchio proprietario, chiaramente strano e misterioso. Da questi cliché parte la storia, o meglio, entrano in scena la blatte e comincia la guerra. Blatte che potrebbero sembrare aliene ma hanno tratti antropomorfi e comunicano, e quindi diventa tutto una questione di “questa è casa mia e tu devi andartene” con la ragione da entrambe le parti. Bene… anzi male. Perché siamo a metà libro e tutto deve ancora succedere. Ci sono cose misteriose, là sotto, nella cantina. E toccherà a Ulisse e alle blatte imbarcarsi in una avventura piena di splatter, schifo, mostri, surrealità e humor assurdo. Ulisse, a tratti, si rivela una ottima spalla per gli insettoni, che si prendono volentieri la scena. Soprattutto quando c’è da estrarre lo schifo: muco, sperma, secrezioni e umori abbondano, e se sieti schizzinosi, non è proprio una lettura che vi farà del bene. Se invece amate la schifoserie… tuffatevi pure!
Da applausi la parte finale e il mondo visionario e che par tanto preso da un quadro di Dalì. Ruba un po’ qua e un po’ là, Simone, ma ruba bene e declina in modo personale sia scene, sia personaggi, che finiscono per sembrare una via di mezzo tra un comic e un cartone animato, con punti di B-movieria… tutto chiaro no?
E siccome è passato tanto tempo, non mi dilungo oltre. Lo so, i libri degli amici si dovrebbero leggere prima e recensire prima. Ma gli volevo dare l’onore di essere l’ultimo post di questo nuovo sito prima del messaggio di benvenuto.
Ah, tra l’altro il libro è molto curato. Lo trovate sia in cartaceo, sia in digitale. E occhio alle blatte…
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