“Brivido” di Junji Ito****

“Brivido” di Junji Ito****

Bene! Son qua che non vedo un cats, dopo troppe ore di lezioni, e ascolto Kid Cudi e bevo il tè allo zenzero, e vi posso dire che il mistero è stato chiarito. Oggi ho restituito a Luca il manga di cui vi ho parlato ieri, e ho scoperto che ne avevo ben due da restituirgli. E un terzo era mio. Io sapevo di avere Fragments of horror, ma mi ero completamente dimenticato di uno. Ovvero questo: Brivido e altre storie. E temevo d’averlo perso, e speravo che fosse quello che mi aveva ragalato per il compleanno, e boh, ovvio che no, poi se n’è ricordato, il bastardo, ma per fortuna non l’avevo perso. Okay… non avete capito un cats, ma mi son capito ben io. Resta che domani gli restituisco pure questo, e ve ne parlo oggi. E vi dirò… ora che lo rileggo, che mi riguardo le storie, non so, non so davvero quale è migliore. Se avete presente, è un po’ come gli ultimi due dischi dei SOAD, hypnotize e mesmerize. C’erano pezzi belli, là dentro, un po’ in uno, un po’ nell’altro, e ti viene il desiderio, ogni volta, da quei due dischi di farne uno. Magari viene solo a me, ma qui è così. Quasi tutti racconti sono più che sufficienti, ma alcuni… be’, sono dei pezzoni. Forse in questo di più che nell’altro.

Anzi… ribadisco, se dovete fare un regalo a un appassionato di racconti brevi e horror, e magari di manga, questo libro sono davvero 15euri ben spesi, anche perché ha quasi 400 pagine e a parte un paio di episodi, leggermente diluiti, sono tutte gestite bene. Ma vi voglio raccontare qualche racconto, perché sennò non capite. Anzi, è Junji Ito stesso, alla fine di ognuno, che dice due parole sul processo creativo. Anyway…

Prendiamo “Brivido” che dà il titolo alla raccolta. Non è il più riuscito. Alcuni dettagli della storia sembrano non incastrarsi bene, e l’idea – la malattia rara e misteriosa – non è certo originale. Però dove si perde in soggetto si recupera in segno, perché è davvero evocativo e disturbante e vi metto una tavola, qui di lato, perché l’ho trovata e giudicate.

Invece, un racconto come Palloncini, direi quasi apocalittico, alla fine, nasce da una idea visionaria e originale, che cresce pian piano, e dilaga in un orrore che prima sembra quasi di poter dileggiare, causa comportamenti idioti, con questi palloncini col cappio che vagano per la città, ma poi… inquieta e diventa claustrofobico.

Poi ci sono racconti più brevi, come Gliceridi, che trasudano alla lettura. E trasudano è proprio il termine perfetto, perché ogni tavola è piena di grasso, che supera il bianco e nero e sembra ungerti la pagina. Il valore aggiunto della storia, visto che il tema gira intorno a un banale cannibalismo.

Molto belli, e originali, quasi cerebrali, i due racconti che sono sicuramente i miei preferiti:Lunghi sogni (provate, provate a fare sogni di mesi… o anni… e vedrete come vi svegliate) e Gli Avi, davvero con un finale raccapricciante e spiazzante. Ah, c’è anche il racconto della modella brutta, che torna e ritorna in varie storie, e questo suo tornare, qui come protagonista, altrove come cameo o incursione, non dispiace mai. Ti ci affezioni, alla modella brutta con quei dentacci e alta alta secca secca.  Sì, dai. Posso dirlo, tra i tre manga di Junji, questo per ora è il migliore. E chiudo con un’altra pagina recuperata in rete, ma non vi dico a quale storia si riferisce. (e non fate l’errore di pensare che abbia derive splatter, Ito, perché le tavole di questo tipo sono sempre poche, in una storia, e l’orrore lo costruisce a poco a poco). Del resto, già così racconta tanto, anche solo a guardarla. Poi che altro? Anche basta dai. E non è che mi sto appassionando ai manga eh. Solo che Luca sa che non leggo più e siccome lui se li compra, quando sono fatti di storie e racconti brevi, se di mostri e horror meglio, me li presta, così, in quest’ultimo anno di non lettura, ho letto qualcosa anche io e vi posso rompere i ciglioni su questo nuovo sito.

Ma se vi siete rotti di manga pieni di storiacce horror, curatevi con questi due video di Anna B Savage. E magari ascoltate pure le canzoni. In questo qua, che parla di stare sotto al pianoforte, vi viene voglia di pensare che le persone sono belle, le cose del muoversi, le facce, le espressioni… e gli abbracci e il comunicare. Ecco, sono belle. Poi lei canta un po’ come un Benjamine Clementine diventato bianco e femmina, e poi è belle quel parlato che diventa canto e viceversa. Invece in questo qua, che è meno bello, come video, ma pieno di posti meravigliosi, lei a tratti ti sembra un po’ incappare in un’eco di jeff buckley, e la cosa, con quella canzone così minimal che poi cresce e cresce, non dispiace per nulla. Cosa c’entra tutto questo con i racconti di Junji Ito? Quanto una brioche al pistacchio con un tubo da 3/4 di pollice, ma era una cosa bella che stavo ascoltando e ve la volevo dire.

E basta così. Direi. Facciamo altro, tipo l’insalata per il pranzo di domani, che sto a dieta. Ma questa è un’altra storia dell’orrore.

 

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