"Il posto più freddo del mondo" di Alessandra Zenarola****
Sono nemmeno le dieci.
E starò a casa. Sì. E aggiornerò le cose del blog, così, a breve distanza dall’ultima volta. Perché sì, ho letto un libro. Uno dei tanti libri là, sulla colonna dei libri da leggere. Un libro di quelli che conosco. Il libro nuovo di Alessandra, che ora che l’ho letto è già vecchio e magari ne avrà scritto un altro.
Ma ho voglia di fare più cose, mentre vi parlo di questo libro, e più cose che debbono esser fatte.
E ve le beccherete, mi spiace. Qua funziona così.
Ma intanto mi bevo il caffè, che me lo sono doppiato, e dalla moka, e sul fuoco, che a me, è inutile, dalla macchinetta non mi dà la stessa soddisfazione.
Credo sia una questione di attesa. Nel senso… il tempo che starà per venire su, è un tempo in cui ti sembra di fare cose. Non stai mai lì, ad aspettare che venga su. Io, per esempio, ho pensato di fare la doccia.
Lo so… è una cazzata. Lui arriverà prima e io finirò per berlo che sa di bruciato. E poco importa che abbia impostatato la cosa in modalità velocista. Acqua calda aperta, ciabatte pronte, accappatoio anche e ignudo l’ho buttato sulla piastra partendo come scheggia per ficcarmi sotto l’acqua. Avevo persino rovesciato il docciaschiuma, per non dover schiacciare in modalità hercules per farlo uscire. Vabbè… ma non era certo del caffè che dovevo parlare. Non era tra le cose da fare, anche se adesso lo sto bevendo.
Allora. Tipo una cosa che devo fare, per esempio, è scrivere alla Marge per mercoledì sera, visto che a Checo e Michele l’ho già scritto. Perché, poi… boh. Non so. Sono in piena asocialità. Non ho voglia di vedere nessuno e possono morire tutti. Ma non è che si può sempre assecondare le proprie inclinazioni e allora… mi sforzerò. Quindi subito lo faccio, dai.
Ma prima cominciamo col libro. O quasi.
L’ho finito mercoledì scorso. Pensavo di finirlo prima. Non è un libro lungo ed è pregevolmente scorrevole. E mercoledì, non so perché, sapevo che lo avrei finito. Me lo sono portato dietro a San Daniele, e pensavo di leggerlo in sala d’aspetto mentre aspettavo che uscissero mia madre dalle cose ospedalesche, ma poi alla fine ho fatto una passeggiata, e me lo sono letto al bar, col cappuccino e brioche, e le poche pagine che mi mancavano, prima di andare a lavorare, pomeriggio, perché proprio volevo finirlo. Ah, già, manco vi ho detto il titolo: Il posto piu freddo del mondo.
Che non ve lo vengo certo a dire, qual è quel posto, ma diciamo che è un po’ come il mio, adesso, lì dove si rifuggono tutti e tutti possono morire, o magari sono già morti. E nel libro, quel posto, lo circumnaviga Angela Martinez, la protagonista, che tutto fa pensare, come nome, a una fotografa di Udine, ma si sa… i nomi di Alessandra hanno sempre quella leggera probabilità che te li rende riconoscibili, e così è anche in questo caso. E lo posso dire già subito, comunque, che quelle ultime pagine che credevo di leggere scoprendo i miei sospetti, invece, mi hanno sorpreso in positivo, perché non andavano dove pensavo io.
Perché sì, Alessandra è tornata a scrivere una storia delle sue, di quelle con l’autunno dentro, che hanno quel ritmo bello che fa altalena, mentre si legge, senza quelle inutili enfasi, nemmeno quando succedono cose eclatanti. Le epifanie, così, ti arrivano dalle righe quasi come non dette. Non hai tempo di fare Oh, nella storia, ma ti viene fuori tipo un Ah! ma non gridato.
E’ un bel libro, questo. Una storia da leggere che non si riesce a classificare. Non è un giallo ma c’è un pochino di giallo, anzi, di Giallino. Non è noir, ma c’è del noir, se non altro nel Francese della parola. E c’è del rosa, più di altri romanzi dell’Alessandra, anche se è del rosa che non si vede. Perché sì, una storiona d’amore qui non c’è e non potrebbe mai esserci, con una come Angela Martinez, fotografa della decomposizione e della decadenza, che le storie d’amore le piglia già appassite, e non germoglianti.
E questi colori accennati sono il grande pregio del libro, che è proprio ciò che deve essere: una storia da leggere.
Ma io ora devo fare della pausa-cose. Torno dopo…
Eccomi! E non ho fatto un cats di quello che dovevo.
Cose tipo tagliarmi le unghie o farmi la barba o togliermi le lenti e mettermi gli occhiali. Oh ma lo sapete che ho gli occhiali nuovi e sono bellissimi? certo, sono anche diventato povero. Poverissimo anche. Soprattutto adesso che mi hanno schiantato il papi con l’auto e che siamo restati senza e anzi, ecco una delle cose che dovevo fare: mettere l’annuncio per ripetizioni, che qua sennò col cats che pago le rate dell’auto. Però vabbè… che importa, tanto qua presto si muore tutti per mano dei cattivi e non vale la pena preoccuparsi. Meglio pensare alle cose belle: tipo che è uscito un pezzo nuovo di Nada. E vabbè, a me piace questo approccio che ha Nada. Ed è uscito anche Murubutu, il pezzo nuovo, e insomma… anche Murubutu è una gran bella persona.
Ma io vi devo parlare del libro. Allora… che storia è. E’ la storia di Angela, che comincia a guardarsi intorno, a guardare i dintorni della sua vita, che subito diventano i dintorni della sua famiglia. Sua madre, una peter pan che sembra lontana, ma è vicina, ma è lontana. Suo padre, che invece è lontano, con la testa, che però, ci resta da pensare a che persona dev’essere stata. E il passato che entra nel presente, fa domande. Una storia che comincia con una storia parallela, quella di una donna che gestisce un ristorante vietnamita, ha un figlio che ha un padre ma non lo ha. Ci sono verità nascoste. E sono cose che alla fine non la cambiano, la vita, ma la dipingono in modo diverso.
Il gatto, con un altro improbabile nome, Polpetta Kenro Izu, si comporta da gatto, offendendosi e vendendosi, ignorando e ruffianandosi, e in tutto questo è davvero una sorta di personaggio morale che attraversa le pagine.
Avremo le risposte, leggendo il libro. Vi aspetterete qualcosa, ma quel qualcosa arriverà in modo diverso. Eh no, tranquilli, non sto parlando di un pirotecnico finale a sorpresa, ma di un finale che soddisfa.
Ed è un libro femminile. Perché gli uomini, qua dentro, non ci fanno una gran figura. O sono miti, o violenti, o perduti, o approssimativi e goffi, quando butta bene. Angela è bella, non procace ma affascinante, e l’universo dei suoi corteggiatori un po’ avvilisce. Ha una qualità, Alessandra: conosce le persone. Ed è bello vedere un libro fatto di persone, e non di personaggi. Forse l’unico personaggio è proprio la protagonista, come se fosse un filo che va a raccogliere gli altri fini, e deve sforzarsi, per farlo, riuscendo paradossalmente meno naturale e credibile.
Poi?
Poi basta. Direi che è sufficiente.
Se volete leggere un bel libro ambientato a Udine, una bella storia, scritta bene, piacevole da leggere e soprattutto da pensare, beh… Il posto più freddo del mondo potrebbe essere decisamente questo.
Io torno a fare cose. Vado nell’altra casa a prendermi la birra e un libro di Buzzati. E poi tenterò di leggere qualcosa. Prima magari riesco chissà, a tagliarmi unghia, barba e sociopatia. Alla prossima!
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