“Due racconti ottomani” di Cristiano Caracci***
I gatti sono sempre stati i migliori custodi delle nostre case popolate di topi: cerano giorni in cui si preferiva uscire in strada, lasciando spalancata la porta per la fuga dell’avversario e da fuori immaginavamo gli inseguimenti, la lotta e i danni: quel vetro in frantumi era la bottiglia dimenticata sul tavolo ormai esplosa sulle pietre del pavimento, quel rotolare metallico, un catino che non sarebbe più stato rotondo: reciproche accuse di noncuranza perché sempre qualcosa di fragile si abbandonava esposto agli urti delle sfrenate corse che avevamo scatenato, magari domandando il sostegno del gatto del vicino e poi il nostro sarebbe stato comandato a ricambiare.
In questi giorni, tuttavia, i gatti escono di casa o dai loro rifugi meno fortunati, diventano indolenti, perdono ciuffi di pelo e, insomma, bisogna rinchiuderli, convincerli, rimuoverli dall’angolo assolato sottovento scelto per dormire nelle ore più tiepide: pure sappiamo quello essere segno di un’imminente primavera e cosi ognuno si consola.
I gatti perdono pelo a ciuffi mentre dagli stecchi tristi, scheletrici, neri dei rosai si affacciano le nuove foglie, prima un mucchietto rossiccio poi, dopo un paio di giorni, tutto il ramo è coperto dal verde tenero e vero e magari neppure si sarebbe dovuto attendere maggio per rivedere i colori inimitabili dei fiori.
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