“Le storie dipinte” di Dino Buzzati****

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“Le storie dipinte” di Dino Buzzati****

Tenetevi forte… farò una cosa che non faccio da tantissimo tempo…
Quale? Aggiorno il blog!
E perché? Perché ho letto un libro!!!
No, non quello che sto leggendo, dal Frappa, che è ancora là, ma un altro.
Questo, che vedete, di Buzzati, che libro poi è fino a un certo punto, perché son storie, sì, ma per la maggior parte sono dentro i quadri, perché Buzzati era un pittore.
Ecco… mettetevelo in testa: Dino Buzzati era un pittore.
Ve lo spiega il libro, perché, ma sostanzialmente perché ce lo dice lui, Dino, e ve lo dico dopo.
Intanto posso dirvi che è stato un caso che ho beccato questo libro.
Ero in gita 4 giorni, ed era una gita dove c’era tanta corriera in mezzo, e mi ero portato via Piero Chiara, i racconti del sole, perché era sottile e stava in tasca, ma arrivati a Feltre mi son reso conto che non mi sarebbe bastato (okay, contribuiva il gran chiacchierare dal quale se usi la strategia cuffiette non serve, perché ti parlano lo stesso, ma se usi cuffiette + leggerelibro funziona) e allora mi son detto… potrei comprare un libro, una volta arrivati. Ma poi, essendo in stazione, ho pensato, sta a vedere che se entro hanno dei libri. In tutte le stazioni ferroviarie hanno dei libri. Più libri che treni, di solito. E infatti c’erano, tra i giornali riviste e merda varia, anche dei libri. E c’era una paccata di questa collana mondadori che contiene tanto buzzati, sia quello che ho già letto, orsi, boschi ecc. 
E insomma, ce n’erano due che mi piacevano, entrambi coi quadri e i racconti mini di buzzati a fianco, e alla fine ho comprato questo. Spendendo ben 14 euri, mica ciufoli, e soprattutto facendo una cosa che mi ero ripromesso di non fare: comprare libri. Ne ho a centinaia, tutti che voglio leggere e che non riesco a leggere, e comprarne sarebbe demotivante. A meno che…
A meno che non siano i libri di un pittore, come Buzzati, che li compri soprattutto per i quadri, che non sono distinti dagli scritti che li raccontano. Quindi potevo.
(certo, scoprire poi che nella stessa stazione, due stanze più avanti, c’era un mercatino dell’usato con centinaia di libri vecchi e folli a un euro mi ha un po’ roso, ma vabbè, it’s fate)

Le storie dipinte sono un lavoro di Buzzati che è sicuramente poco conosciuto, proprio perché poco conosciuto è lui come pittore (eppure la maggior parte delle copertine sue sono suoi quadri).
C’è una copiosa retrospettiva su questo, a firma di Lorenzo Viganò, che va letta tutta, anche se a volte è didascalica ed è molto vicina a una rassegna stampa o a un articolo divulgativo.
Io l’ho letta dopo aver guardato e letto il libro, e lo consiglio anche a voi. 

Leggetevi i racconti e guardatevi il quadro, magari saltate nell’ultima pagina a vedere con che tecnica  è fatto, toh, ma restate li dentro, nella storia. 
Vi riporto le parole di Buzzati messe alla fine libro va

«Il fatto è questo: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista.

Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie.»

E ve lo confermo. Sono tutte storie. In realtà, un approccio di questo tipo all’arte, ai disegni, non poteva non appassionarmi. Già sapete che a me piace disegnare le mie storie, e che mi piace prendere dei quadri, dei disegni, e inventarci una storia intorno. Non poteva non piacermi questo lavoro, dove i due aspetti sono mixati, fusi, uno regala qualcosa all’altro, e ogni tanto la storia è scritta direttamente dentro al quadro.
Poi è vero che Buzzati pittore è stato capito solo dopo la sua morte, come dice lui, e vi posso anche dire che era stato così simpatico, negli ultimi tempi di vita, che beccando il suo coccodrillo al giornale lo ha modificato aggiungendoci una iperbole sulla sua qualità di pittore.
E vi racconta anche del suo incontro con Picasso, che ha apprezzato le sue idee, ma gli ha anche consigliato di continuare a fare ciò che oramai il mondo ha deciso che lui è: lo scrittore.
Ed è piacevole vedere come dopo oltre un decennio in cui l’hobby scrittura lo ha assorbito (e lì è diventato bravo) mentre la pittura l’ha proprio abbandonata, per poi dipingere come un ossesso negli ultimi anni, quasi a volersi riappropriare dell’abilità che non ha mai sviluppato (la tecnica gli manca, ed è il primo a dirlo)
Ed è stato bello anche vedere come la moglie fosse contenta di questa cosa, ché almeno con la pittura gli potevi parlare, stare lì con lui, mentre la scrittura esclude il mondo.
Insomma, forse qualcuno lo conosce, forse qualcuno lo scoprirà, ma questo libro, che non è altro che il catalogo della sua mostra milanese con lo stesso titolo, è comunque un fedele documento di come, per come si intendeva lui, il nostro amato Dino Buzzati sia anche e prima un pittore, che però non poteva fare a meno di mescolare la parole, scritta o immaginata, nei suoi lavori.
E poi?
E poi basta. Devo farvi vedere cose.
Allora, innanzitutto vi metto, sparsi a membro canino, alcuni dei suoi lavori che trovati qui dentro, e che magari non conoscete. Quelli più particolari, magari. Vediamo cosa trovo.
Fatto.
E ora vi saluto mettendovi uno di quelli che mi sono piaciuti particolarmente, per il mix di racconto-storia-quadro che contengono. (ma in realtà mi sono piaciuti in pratica tutti)
Vediamo cosa trovo che non ho palle di stare a scannare roba.
Le buone amiche
(1962, tempera e occhi di bambola su tavola)

In primissimo piano notiamo Suor Virgiliana, attonita nella conpunzione santa, e e la Loredana, cosiddetta donna di piacere.Dietro: la Fausta (quella bionda e intrigante), la signorina Giuseppa Fossombroni, impiegata. Dietro, con la testa esageratamente grande, una che non mi ricordo il nome. Della Britta non si vede che un occhio (mobile). Della Lea, soltanto un occhio e la bocca (immobile). La Giuse ha una faccia da stupida. Leosè dice di venire dalle Antille (sarà?). Notansi, in fondo, una biondina e una moretta, sconosciute. La Franchina è spaventata. La Annette, da quella stupidella che è, si è fatta i capelli bianchi. Che carina, però, sempre, la Loretta, peccato che lavori da un giureconsulto così vegetariano e sensuale.

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