“Lame senza memoria” di Diego Cocco**(*)

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“Lame senza memoria” di Diego Cocco**(*)

La verità è che il blog è fermo perché non sto leggendo niente.
Niente.
Troppi lavori, e uno con oggi è finito, per sempre, e sì, dispiace un po’, certo. Ma invece poi non ho nemmeno il tempo per dispiacermi.
Stavo bevendo birra e guardando un anime giapponico, poco fa. Molto carino, tra l’altro, roba horror tranquilla, curioso per l’animazione molto low fi, che poi tanto low fi non è.
E poi sto facendo le cose dello spettacolo, e sono tante, e stupide, a volte, ma ti portano via taaaanto tempo.
Tipo scrivere i titoli delle storie sui foglietti e ficcarli nelle palline degli ovetti e poi metterli nella casetta dell’osteria-
Come dite?
Non avete capito un cats?
Io sì, questo basti.
Poi c’è anche da dire che ascolto roba.
Tipo stasera, il nuovo Ep Massive Attack con tricky che fa una comparsata, il singolo di Pj harvey nuovo, il nuovo marlene, il singolo nuovo di Ben Harper, e le solite monate di Kanye, Elliott Smith dissepolto e poi capossela nuovo, e poi… e poi boh, altre cose che mica mi posso ricordare tutto…
Allora..
Non è che però non sto proprio leggendo niente niente.
Ho una mail datata 5 gennaio che non ho buttato. Alcune cose che decido di fare non butto la mail fino a che.
Questa era di diego, che mi manda il suo lavoro poetico, uscito in digitale, che si chiama “Lame senza memoria” e che è fatto di… boh, 56 poesie, credo, che chiamare poesie non è corretto, forse, e non perché non hanno la rima – no, checchè ne pensiate non sono così limitato. Mi piace cogliere la metrica, ma anche la sonorità, ma anche la melodia. Prendete Capossela, che sto ascoltando ora. Usa tutto… dai provate ad ascoltare. Qui invece sono poesie-pensieri, molto prose poem con gli a capo. C’è più spazio per il voler dire, o voler giocare con le parole e non sempre il gioco riesce anche se la lettura non è mai sgradevole. Il problema che ho incontrato, in qualche frangente, è stato più che altro quello di una lettura trasparente.
Poi certo, uno mi dirà che è questione di gusti, ma io dico no. Non lo è. La poesie, o anche i suoi dintorni, hanno comunque delle regole, delle leggi di incisività, delle strategie melodiche che vanno ricercate, e qui, il buon Diego mi perdonerà, non si riesce sempre ad azzeccarle, anche se qualche volta si. Si riesce, piuttosto, a interessare e portare via bene lettura sopra melodia quando dentro ai versi c’è un testo che racconta, un poetare che si adagia su un solco quasi narrativo, più profondo, che rende più coeso il discorso poetico.
Vi faccio un esempio, di entrambe le cose. Ora vado a cercare eh.. portate pazienza,
Ecco, questa è una cosa buona, per la cosa che dicevo.

Ieri sera sono entrato
nella stanza 301
del mio hotel preferito,
ero stanco, assetato
e impreparato alla scena:
un paio di occhi mi stavano fissando
incastonati nel muro,
occhi vivi,
potete capire il mio imbarazzo.
Ho infilato il pigiama
e sfilato una birra rossa dal frigo,
scolata osservando quegli occhi
che osservavano me.
E poi di corsa in bagno a cercare
la forbicina per le unghie
e disseppellire un angolo doloroso
del mio alluce.

Okay? si scappa e ignora l’atto poetico ma non si abbandona una melodia di lettura, ma si fonda il flusso sul contenuto, sul dire, non sul sentire. E secondo me riesce.
Poi invece, vediamo, fatemi trovar un altro pezzo
Ecco, questa, che ricade nella lettura trasparente.

È una storia triste
di consapevolezza e coscienza
una guerra persa col mondo,
un verme beccato
dalla gallina affamata.
Miliardi di anime aspettano
il pasto quotidiano
un lavoro sicuro
la moglie, l’amante
l’attimo di follia
il sabato e la domenica…
addomesticati dalla vita,
soggiogati dalla morte.

O almeno per me, dico, che non riesce a toccarmi la lettura.
Poi va detto una cosa. La parola poesia va tenuta lontana da questo lavoro di Cocco, perché non ha l’ambizione di esserlo, nè, quindi, cerca di scimmiottarla, ma anzi, va per la sua strada, giocando a volte con le parole, ma più spesso mettendole una dietro l’altra per raccontare emozioni urgenti, anche se non sempre ben definite.
E’ tutto va. la birra è finita, la mail di diego la posso cancellare, e mi metto a ritagliare le cosucce coi titoli da mettere nella casetta che.

Comments

  • 31 Gennaio 2016

    Non faccio commenti, la poesia è uno stato mentale: c'è o non c'è. Gli italiani sono considerati popolo di poeti, navigatori e santi… e qui nasce l'equivoco.
    Tu non hai i miei libri di poesie?

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  • 5 Febbraio 2016

    Gentile signora Sala
    Non voglio fare commenti nemmeno io (anche se, in realtà, questa è la sezione apposita). Aggiungerei che gli italiani sono un popolo di santi col bisogno di professare le proprie verità immacolate, di etichettare qualcosa di nuovo e sconosciuto senza che ce ne sia in effetti la necessità. Sono un popolo di navigatori che abbandonano la nave per primi, lasciando l’equipaggio al suo destino. Sono un popolo di poeti sempre pronti a denigrare le opere altrui e approfittare dell’occasione per proporre le proprie. Credo che qui nasca il vero equivoco. Il mio stato mentale di non-poeta dice che devo farmene una ragione.

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