Scorci
Torniamo dagli inferni Con vesti e lingue stropicciate Riponiamo le mani sotto ai cuscini, alle lenzuola togliamo il sonno. Le nostre madri raccolgono Le zucchine troppo presto Fanno la piega ai jeans Danno del tu Alle camicie e alle scottature. Piangono spesso Scorci d'acque chete che non avevamo notato Nei nostri
"1933. Un anno terribile" di John Fante****(*)
Avete presente quelle giornate in cui vi ritrovate improvvisamente con una mattina lunga libera e volete fare millantamila cose che da secoli dovete e ora finalmente sì? No? Io sì. E stamattina mi son già fermato in area griglia a lavare i piatti
Dimenticarne alcuno
Arriva l'estate e tu, Stendi chilometri e chilometri di bianca illesa voluttà A separare le labbra Une dall'altre e tue Dalle mie Ruvide E meticolose. Si mostra audace il brusio dell'ape Che aveva nidificato in profondità Stremato cala il suo silenzio Sulle palpebre serrate di soavità Del fiore, Erano piovuti i baci Dall'acquazzone
Non hanno occhi
Non hanno occhi, Ma se il sole indugia Chinano il capo.
Briciole in cielo
Con le nuvole a sonnecchiare, Sopra piccolissime Feritoie d'azzurro, C'è anche un soffio pigro, Una toppa chiara fra i mormorii del mattino. É tutto laggiù, Tagliato come si fa per una pagina morta, Dai fili della luce, Come se poi il buio, non si allacciasse Fin troppo alle cecità, All'umanità
"Rosemary's Baby" di Ira Levin***(*)
Io non ho visto il film di Polansky. BOOOM! Ecco, lo sapevo che mi avreste fatto saltare in aria, caghetti cinefile che non siete altro, ma insomma
Lampi grossi
I lampi della notte sono cresciuti Hanno masticato e sputato il buio. Mi sono rimasti in bocca Sette lamponi Ma un solo piccolissimo seme Aggrappato ai denti. E consegnato all'oblio della saliva. Com'è il destino di chi Non lascia traccia né prima né dopo Le labbra.
Al riparo
Sulla soglia Seduto Senza una maglietta e la pioggia che bussa a una scarpa, Davanti all'uscio spalancato, Il latte scalda il marciapiede, La marmellata ammorbidisce una fetta biscottata. L'ultima cena si è presa un'alba blu, Una carezza con dita lunghissime Da stiracchiare e far crocchiare i giorni. Ora mi
Sdenteade
A polse sui ôrs ruvinâts De fuee Di salate a matine La lagrime di zulugne comprade di cheste Sclagne Istât. Parade O parade vie Une letare dal alfabet Ramence E smenteade Si mude in sunôr Mugnestri Inte bocje sdenteade De copasse.
Nella bocca sdentata
Si ferma sugli orli sbreccati Della foglia D'insalata la mattina La lacrima di rugiada comprata da questa Parca estate. Cacciata O cacciata via Da una lettera dell'alfabeto Esule E dimenticata Si fa suono Docilissimo Nella bocca sdentata Della tartaruga.