"Il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia****

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"Il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia****

Comincio questo post oggi, perché è il 3 novembre.
E voi direte, echicazz se ne frega? Niente, in effetti, ma stavo cercando la copertina del volumetto numero uno della collana del Corriere della Sera, e non la trovavo, su google immagini (anche perché come un beota la cercavo come parola chiave Repubblica, sbagliando collana).
Però ho trovato un sito de “gli amici di Sciascia” e mi sembrava bello, che il primo risultato fosse quello, invece che la solita pagina di wikipedia.
E allora l’ho cliccato, e davanti, sopra, in home, c’era la spiegazione di quella cosa “degli amici di” ed era questa:
Vedete? Proprio il tre novembre. Le coincidenze sono sempre una cosa curiosa… in fin dei conti, ho aggiornato ieri il blog, e anche se mi piace riporre i libri che leggo, soprattutto se mi son piaciuti, parlandone non troppi giorni dopo averli letti, non pensavo certo di mettermi a farlo oggi. E infatti non lo farò. Oggi voglio disegnare e dipingere e bere birra.
Però non potevo evitare la coincidenza, e quindi, perché la coincidenza fosse tale, ho cominciato oggi. Ah, comunque la copertina, decente, non l’ho trovata, e quindi ve la scanno e vi accontentate.
E oggi non è più il tre, ma il quattro. Quello delle vie, sì, quello del ’18, dal quale io noi qua in zona sono e siamo italiani, e non austriachi. Ma vabbè, questa cosa ormai non la caga nessuno, però un po’ centra, con il libro di Sciascia, che alla fine parla sì, di Sicilia, ma parla anche di Italia, di Italia unita, e unita non nel bene, ma da una linea, la linea della palma, in questo bel pezzo che trovate pure su wikimedia, e chi sono io per non copincollarvelo.
“Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già oltre Roma…”
E ha senso, questa citazione, questa intuizione (siamo nel ’61 eh, mica adesso) dicevo, ha senso se la interpretate per costume, e non per fenomeno delinquenziale. L’intoccabilità, il codice, l’esistere di norme accanto alle norme, e non è che c’è poi tanto da pensare se sono giuste o meno, o quali sono le giuste. E’ la loro esistenza che preoccupa, fa riflettere. E’ un libro che ti fa prudere le mani, insomma… vorresti non fosse vero, non fosse così, e soprattutto non fosse ancora così. e dappertutto.
Le palme, in effetti, crescono pure qua, siamo pieni di kiwi, in questa stagione, e io nel cortile di là ho dei limoni che ormai son pronti per farci un mojito nostrano. Le rondini si sono persino stufate di andare dove andavano, perché tanto il freddo arriva stanco e non è più così forte da. 
Insomma… ‘sta profezia della linea della palma è stata piuttosto azzeccata.
Non lo so… oggi mi sembra così assurdo pensare che nel ’61 la mafia fosse messa in dubbio da deputati e senatori e governi che, semplicemente fingevano di non crederci, mentre adesso ci credono eccome e sono gli stessi che – pur nella pura, limpida trasgressione e appartenenza – si dichiarano contro e pronti a combatterla e blablabla.
Ma andiamo per ordine, va.
E’ da tanto che voglio leggere questo Sciascia, per un motivo semplice. Non l’ho mai letto, ed è corto. E adesso, che ho preso sto vizio di leggere cose che si devono o dovrei leggere, diciamo che per forza sono costretto a dare precedenza ai piccoli. E ne ho altri due, di Sciascia, piccoli, A ciascuno il suo e Una storia semplice, ma non li leggerò certo ora. Anche se piccolo, anche se, alla fine, molto storico, un libro come questo ha bisogno di pausa. E infatti io sto facendo pausa con la Trilogia di K, della Kristof, che pure è uno dei tanti libri che vanno letti e che mi dicono, soprattutto Cristina, molto belli, ma è anche un libro che non appartiene alle due collane di classici del novecento che userò per la mia cultura. Sciascia invece era tra questi e vi dico che l’ho letto con piacere, anche se non l’ho divorato.
Perché?
Perché è un libro non semplicissimo, e anche qui, vedere che è uno di quei libri consigliati per le medie, non so, mi fa strano, perché alle medie non so se può essere apprezzato completamente. Certo… lo possono leggere, ma penso ci sia il rischio di bruciarlo. Forse è più un libro da superiori, ma questo è un pensiero così, diciamo ozioso.
A leggerlo da vecchio invece? Beh… intanto, se non fosse chiaro, è un libro su un commissario di Parma, Bellodi, che viene mandato in un paesetto della Sicilia, e lì c’è un omicidio. Tutti vedono e nessuno vede. Celebre il passaggio del panellaro che pur essendo stato a un paio di metri dal morto, che stava pigliando l’autobus, chiede “Perché, hanno sparato?”
Ma non è, intendiamoci, un libro per stigmatizzare (con decenni d’anticipo) l’omertà o le associazioni di stampo criminale. E’ un libro per riflettere. Riflettere sul come e perché nasce e opera questa idea di legge diversa da quello dello Stato, che è, invece, non al suo fianco, ma dentro.
I passaggi dove, senza nomi, lasciandoli in ombra, si mostrano le decisioni che vengono prese a Roma, in parlamento, sono emblematici. Per certi versi, li vorresti morti, subito, immediatamente, quegli individui. Per altri rimani basito da come sia descritta bene il loro tracotante senso di giustizia. Non è che pensano di fare cosa che non va fatta. Sono talmente convinti della loro legge che non ne vedono un’altra, in quella dello Stato, ma semplicemente un ostacolo da superare, aggirare o gestire.
E insomma…. c’è l’indagine, ci sono dei meravigliosi interrogatori, c’è il boss, che ne uscirà pulito, chiaramente. C’è il morto, anche più d’uno, ed è molto bello anche vedere come il confidente, dopo aver parlato troppo, pur senza che nessuno dica niente si fa uccidere solo per il suo senso di colpa.
Se ti comporti come traditore non serve sapere che hai tradito, lo sei già, e vieni trattato come tale.
Poi? Poi niente, è un libro iper celebre, e come si dice in una prefazione un po’ pallosa e che ho letto a metà, perché a me le prefazioni rovinano i libri, ecco, è un libro che descrive quello che verrà. Bellodi è l’antesignano di Falcone e Borsellino, e prima ancora di Dalla Chiesa, non verrà ammazzato, tranquilli, ma è uno che si comporta normalmente, come se fosse quel che è, un poliziotto, cioè, e si occupa, non essendoci ancora i drogati e gli operai da manganellare, di risolvere un omicidio. Ecco, dai, è tutto… alla fine non la posso fare troppo lunga. E’ un libro che vi consiglio se volete avere una visione antica e azzeccata di un problema moderno
Vi avverto: se in voi alberga del giusto, vi pruderanno le mani, e quindi badate, a meno che non abbiate un Dell’Utri a portata di mano, dovrete farvela passare così, senza picchiar nessuno.
Che altro dire? Niente… che è uscito il disco di Damien Rice, dopo 12 anni, ma lo devo ancora ascoltare. Adesso vado a farmi la pasta aglio e olio con l’habanero e un calabrese, sperando che la birra si sia raffreddata abbastanza e ascoltando della musica vecchia, di morti, perché oggi mi va così.

Comments

  • 5 Novembre 2014

    Sposo a pieno la tua analisi. È un libro che fa pensare e prudere le mani, profetico e destabilizzante: pensare che nel '61 si negasse l'esistenza della mafia è da brividi e impossibile da immaginare.
    È un libro da adulti, né da medie, né da superiori, perché se non si legge in modo corretto, passa per una storiella poliziesca, e non c'è nulla del genere in quel libro.
    Leggi anche gli altri, altri due grandissimi libri di Sciascia, soprattutto A ciascuno il suo. Io li ho riletti lo scorso anno con grande appagamento e altrettanta amarezza. Ma quanto era bravo Sciascia?
    Trilogia della città di K è nella mia top 10 e non ci sta stretto. Lo trovo perfetto. Voglio leggere la tua…

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  • 5 Novembre 2014

    Sposo a pieno la tua analisi. È un libro che fa pensare e prudere le mani, profetico e destabilizzante: pensare che nel '61 si negasse l'esistenza della mafia è da brividi e impossibile da immaginare.
    È un libro da adulti, né da medie, né da superiori, perché se non si legge in modo corretto, passa per una storiella poliziesca, e non c'è nulla del genere in quel libro.
    Leggi anche gli altri, altri due grandissimi libri di Sciascia, soprattutto A ciascuno il suo. Io li ho riletti lo scorso anno con grande appagamento e altrettanta amarezza. Ma quanto era bravo Sciascia?
    Trilogia della città di K è nella mia top 10 e non ci sta stretto. Lo trovo perfetto. Voglio leggere la tua…

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