"Nero per n9ve" di AAVV***

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"Nero per n9ve" di AAVV***

Piove, qua, sopra questi lucerneai della biblio.
E’ un rumore bello, ma oggi non mi dice un cazzo. E vabbè, capita.
Ho qualche attimo prima di sistemare i libri e fare cose utili. Mi concedo un caffè, perché oggi ho la luna storta, mi sono svegliato mogio, ho impiegato le due ore di mattina che avrei dovuto usare per studiare per scrivere un raccontino breverrimo che poi ho regalato, e solo perché sto cercando di vuotare il desktopo, prima della fine del mondo.
Sul desktopo c’era anche questo pdf, che poi, è quello della bozza del libro, che poi ce l’ho solo perché ho partecipato, via Simo, a questo bel progetto. 
E l’ho finalmente terminato di leggere, sabato mattina, al mare, dov’ero andato in bici per vedere se ero ancora in grado di fare 100km di mb in un giorno. 
Non dovrei nemmeno dire, e me ne vergogno un po’, che sto parlando del libro dopo aver letto il pdf autori, nè che devo ancora comprare una copia del libro stesso, né che devo ancora trovare il tempo per impegnarmi a fare un giro in Moderna, a Udine, per organizzare almeno una cazzo di presentazione di queste nove storie nere di provincia del Nord Est. Anzi, se qualcuno vuole farlo al posto mio… magari.
Il fatto è che ho 13.60euro in portafoglio e devono bastarmi fino a fine mese, colpa dell’acconto irpef di merda, e quindi per questa fine giugno non posso certo risparmiare sulla birra, soprattutto coi mondiali in corso, e quindi risparmio sul libro, cercando di tacitare la mia coscienza con il fatto che ho comunque aiutato alla sua uscita, avendo scritto il racconto dedicato a Udine.
Ah, sì, perché l’idea della raccolta, che ha una sua logica e una sua coerenza interna, è proprio quella di dare una foto di nove città di provincia prese con un obiettivo noir. Le città?
Alessandria, Bologna, Bolzano, Ferrara, Mantova, Ravenna, Udine, Verona, Vicenza, che oltre che alfabetico è anche l’ordine di apparizione dei racconti. Se volete sapere chi ha scritto cosa, buttate un occhio alla pagina sul sito delmiglico e non fatemi perdere time. 🙂
Non so, alla fine, perché ho accettato di scrivere. Da quando sono uscito dal fandom letterario, diciamo che ero diventato un po’ allergico alle “Raccolte di racconti”. Ce n’è tante, troppe, e spesso sono come i dischi.
Una o due canzoni belle e il resto tutta fuffa, o roba inutile, o anche brutta. 
Sì, sì, dai. Tre quarti di voi mi staranno già insultando ma è quello che ci si trova per le mani, spesso, ed è inutile menarla, se il mondo letterario culturalchic ha questa idiosincrasia per il racconto (tipo che ne so, oggi è morto Matheson, e invece di magnificare quanto galattico fosse Matheson con i racconti, stanno lì a dire solo che è quello di Io sono leggenda, oppure snobbano la vittoria della Munro all’ultimo Nobel perché insomma… scrive soprattutto racconti e blabla) è anche perché spesso i racconti che girano fanno cagare.
Però quando qualche mese fa Emanuele – che non conosco, se non via web e poco – mi ha chiesto di, ho detto sì. Mi piaceva, il progetto, e col senno di poi, ne sono piuttosto felice. L’idea è buona, il prodotto è semplice ma efficace, e la storie di provincia fanno ciò che devono fare: parlano delle città, di quel che vi si muove dentro, del nero che vi si può trovare.
Non è un noir a tinte scurissime, nel complesso. Sembra quasi che l’affetto per la propria città impedisca di essere davvero cattivi, o crudi. E anche nel peggio, spesso, c’è quel riverbero ironico che salva. L’ho trovato un denominatore comunque piacevole. 
Comunque… parliamo del libro. Nove tracce, abbiamo detto. Non possono piacere tutte e c’è qualche gradino qualitativo. Parlo ovviamente solo per le otto altrui, perché non mi sono riletto, essendo da troppo poco che avevo scritto la mia storia udinese, che parla di vecchi, della città, di un uccidere che sa di pietà.
Facciamo finta che sia un disco, allora, e scorro con voi le tracce, giusto per vedere se è come nei dischi di adesso.
Alessandria di Marenzana ha un Cielo d’acciaio ed è una storia ambientata in tempi bellici, con Bassavilla sotto i bombardamenti e il Pippo che avverte. C’è mestiere, nella scrittura, ed è una buona storia, che è costruita nelle tinte di un giallo, ma fino a un certo punto. La città e la guerra in corso sono due dei personaggi, e alla fine non mi è dispiaciuto, questo racconto.
Il secondo, del buon Morozzi, è il pezzo più pop e catchy (La roba cattiva), con tutto il mestiere possibile e con tanta, tantissima ironia dentro. Bologna, c’è, quella di sinistra e della tolleranza, quella degli immigrati e dei furbetti e soprattutto quelle del calcio di terza categoria, del calcio dei vecchietti, amatoriale. E dai, lo devo dire: è un bellissimo racconto sul calcio! Che poi ci sia dentro un morto, e nulla centri il fatto che sia di colore… beh, chiunque si vede fare due tunnel nella stessa partita, può ben capire. Questo è il singolo da passare in radio, comunque, e non solo perché è il nome più celebre della squadra.
Il terzo pezzo purtroppo è un po’ deboluccio, o comunque non l’ho digerito. Più che altro per uno stile ancora in via di definizione (qualche frase fatta di troppo, qualche inverosimiglianza) e una gestione della città – Bolzano – che era forse troppo in modalità guida turistica, dentro la storia. La dama rossa, alla fine, dovrebbe stupire, ma lo fa del tutto, e diciamo che è una di quelle tracce che scivola via. 
Ci si riprende col quarto. Ferrara, dove un nostro studentello single e provetto giornalista si trova a disseppellire una storia, più che un crimine, che è una di quelle storie di provincia che non sai se racconteresti o meno, e che, a volte, è meglio che stiano sepolte. Perché sì, ci sono le vecchiette strane, nelle città, quelle che non hanno tutti i venerdì, o forse li hanno e fingono di no. Ci sono storie brutte che diventano grottesche e sono proprio sul quel confine dell’ironia pirandelliana… Ecco. Il nero di questa storia, ottima e bene gestita, è tutto qui, su questo confine. Un racconto decisamente piacevole, il secondo singolo del disco, direi, se puntiamo all’heavy rotation. Una questione prospettica, il titolo.
Poi? Ah sì, il pezzo che ho fatto fatica a terminare. No
n me ne si voglia, ma La sala dei Giganti, a Mantova, era purtroppo lungo e appesantito. Ho faticato soprattutto perché l’ambientazione nell’Italia del secolo scorso era poco convincente e non mi sono mai sentito nell’ottocento, nonostante la cura di un italiano “datato”, che però mi faceva vedere personaggi incoerenti con il loro status sociale e piatti, che parlavano tutti uguale, nonostante gli inserti dialettici. C’è sempre un pezzo, in un disco, che non si digerisce, e questo è stato il mio, complice anche un eccessivo insistere sulle questioni politico-sociali del periodo, ripetute un po’ troppo. Amen, ognuno ha le sue preferenze. 🙂
Mi sono rifatto con Il numero della bestia, di Luca Malaguti, che col senno di poi, è stato il mio pezzo preferito. Cattivo, ma non nerissimo, con la sorpresa, ma non telefonata, e intimamente connesso a Ravenna senza mai forzare la mano. Bei personaggi, e sì, non vi dico altro. Un pezzo da leggere, di quelli che non gireranno mai in radio ma che a qualcuno piaceranno più che ad altri, anche per una scrittura bella, colorata, con qualche complicazione di troppo, forse, nella prima parte, ma che comunque si risolve nel complesso della storia. 
Mi è piaciuto di meno, invece, il racconto su Verona, con un taglio fantastico che ha stonato, con il resto noir, e con una storia ricorsiva che, nonostante i tempi di auge dell’argomento, è diventata piuttosto stucchevole, e un titolo, Un amore d’altri tempi, che fa troppo spoiler. Una visione piuttosto manichea della violenza sulle donne, e forse ce la si poteva giocare un po’ meglio, la questione. Resta però un racconto leggibile e che non essendo lunghissimo ti riesca a portare alla fine, con la voglia di scoprire il mistero. 
Si chiude con Vicenza e un buon pezzo, La misura del giro. Ecco, qui si tratta quasi lo stesso tema, ma dando ai personaggi una profondità non irrilevante e dando una lettura non scontata. Se volete saperne di più, sul cosa è costretto a fare un avvocato e sul come si corre a Vicenza, da cui il titolo, vi lascio il link diretto qui dall’autore e bon, con questa direi che chiudo. Anche troppo, mi sono dilungato.

Conclusione? Un bel progetto, con un’anima comune, e la maggior parte dei racconti che mi sono piaciuti e son buoni pezzi. (Cinque su otto, escluso il mio che non so se è venuto bene o meno).
Se lo volete, lo potete comprare qua, direttamente dal sito della Del Miglio.

Comments

  • 26 Giugno 2014

    Io non ce la faccio a leggerlo, la voglia ci sarebbe e il piacere di avere dei gialli in Valpadana anche.
    Se dovesse venire pubblicato sul cartaceo avvisa.
    Ciao
    Elisa

    reply
    • 26 Giugno 2014

      ehm… si si, è un libro. sono io che leggo il pdf perché sono uno scroccone. comunque si, è un libro con la carta, anche. 🙂

      reply

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