La Prima Storia – In cui Cifro crede…(2^ parte)

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La Prima Storia – In cui Cifro crede…(2^ parte)

La prima storia

In cui Cifro crede che l’arcobaleno sia un albero 
e invece non lo è

 Se ti sei perso la prima parte

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La testa dell’arcobaleno, che invece è solo di Baleno

«Chi parla?» chiese, stupito, aggrappandosi ai sassi, perché tutt’intorno la terra cominciava a tremare e lui si sentiva diventare più alto.

«Come sarebbe, chi parla? È da un beeel po’ che mi calpesti la testa e ooora soltanto ti accorgi di me?», disse la voce di prima, sempre avvolta in una coperta, chiusa in una scatola, ma non più dentro la caverna.
Cifro non poteva sbagliarsi: la voce proveniva da sotto i suoi piedi, e subito dopo si sentì sollevare ancora un po’.
«Ma sei per caso una gocciolina d’acqua?» chiese, anche se, pensò, sarebbe stato meglio non fosse stata una gocciolina d’acqua, a parlare, perché doveva essere ben grande, per avere quella voce, e lui, non sapeva nuotare.
«No no no. Non sooono una gocciolina d’acqua», rispose la voce, ancora avvolta in una coperta, ma non più dentro la scatola e nemmeno dentro la grotta e Cifro tirò un sospiro di sollievo, e anzi, ora che guardava meglio, quelli sotto di lui, benché sporchi di terra, erano troppo rotondi per essere due sassi.

Cifro fece due passi indietro e li scavalcò con un balzo, usando l’1 come se fosse un’asta di quelle per il salto con l’asta, anche se lui avrebbe dovuto chiamarlo salto con l’1, e accompagnato da un ultimo Ahi!, di quella voce che ora non era più nemmeno avvolta nella coperta, si trovò dall’altra parte dei massi, davanti a due occhioni grossi e spalancati.
«Oh», disse.
«Oooh», rispose una bocca grossa quanto la voce, appena sotto quegli occhi.
«Ciao», disse Cifro, curioso, «Tu, dunque, sei la testa?»
«La testa?»
«Sì, dico, la testa di quello lì, dietro di te», spiegò Cifro, puntando l’1, ancora sporco di terriccio, verso l’arcobaleno, che ancora sormontava tutto il Bosco di Uf.
L’altro si sollevò, con un rumore di terra smossa e radici strappate. Si alzò fin sopra gli alberi e si voltò, guardando nella direzione indicata da Cifro.
«Io dietro di me non veeedo nessuno? Sei sicuro che ci siiia qualcuno?»
«Sì, cioè, quello lì, l’arcobaleno, tu sei la sua testa?»
«Mmm… non mi pare. Io sono la miiia, testa», rispose la testa dell’arcobaleno.
«E tu, chi saresti?» chiese allora Cifro, un po’ confuso da quella chiacchierata così priva di numeri.
«Io mi chiaaamo Baleno, e questa è la teeesta di Baleno, cioè io. E Baleno è il nome, non mi chiaaamo Marco, io. No no no».
«E perché dovresti chiamarti Marco, scusa?», chiese Cifro, stordito da quell’animale enorme.
«L’hai detto tu. Maaarco Baleno. Ma io invece mi chiamo sooolo Baleno».

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Cifro che pensa e numera
un pensiero senza i numeri

E così Cifro capì tante cose, in un momento solo, e per non farsi prudere il 2 (le mosche ciccione avevano già cominciato a ballare, sui rami dell’albero più vicino), decise di numerarle, come faceva sempre per mettere ordine e numeri dentro ai pensieri che non ne hanno.
1, capì che l’arcobaleno si chiamava Baleno, e solo Baleno, senza un Marco, e nemmeno un arco, e quindi, senza arco, non avrebbe potuto lanciare le frecce, se mai avesse avuto delle frecce da lanciare.
2, capì che Baleno, che prima lui credeva fosse un albero, e prima ancora lui credeva che fosse un arcobaleno, e prima ancora non credeva che fosse niente, non era né un albero, né un arcobaleno, né un niente, ma era un Baleno, e cioè uno di quei serpentoni lì, grandi e grossi e colorati, che gli stava davanti adesso.
«E questo è il pensiero numero 2», disse ad alta voce, perché per un attimo il pensiero numero 2 gli era sembrato un po’ lungo, e voleva assicurarsi che potesse essere contenuto in un numero solo.
«Il pensiero nuuumero 2», ripeté Baleno, senza nessuno motivo particolare.
«3,» disse stavolta ad alta voce Cifro, «Baleno, cioè tu, riempie tutte le frasi di vocali».
«Nooon è vero, ne metto solo qualcuuuna in più, perché ho la voooce grande-grande e sono grosso-grosso».
«4,» proseguì Cifro, che non voleva perdere il conto, «Baleno, cioè sempre tu, deve anche essere un po’ sordo».
«Nooon è vero, è solo perché mi vanno le radici nelle orecchie quando ho la teeesta sotto terra».
«E 5,» concluse Cifro, «ho capito che Baleno, ovverosia saresti sempre tu, sparisce veloce come un serpente perché anche se è grosso-grosso, è pur sempre un grosso-grosso serpente, e i serpenti scappano via veloci e non tornano, come le mosche ciccione».
«Nooon è vero, io non scaaappo via veloce, solo che nessuuuno mi guarda così a lungo da accorgersi quaaando me ne vado».

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Cifro mentre spiega a Baleno le cose che ha capito su Baleno

«A proposito,» chiese Cifro, improvvisamente turbato, «non sei in cielo da un po’ troppo tempo? Non ti fermi mai così a lungo… Forse ti sto disturbando?»
«No no no», rispose Baleno, ma lo si vedeva un po’ agitato (a lui, quando si agitava, cominciavano un po’ a intrecciarsi i colori, come stava capitando adesso) e allora eccolo, rapidissimo, che tentò di rimettere la testa sotto terra, proprio dallo stesso buco dove l’aveva levata, ma con il solo risultato di prendersi una enorme capocciata, perché la terra era diventata asciutta e dura.
BONNNK! Si era sentito dappertutto.
«Ahi! Uhi! Ooohi!» piagnucolò Baleno, «Ora non posso più tornare nella mia tana! La terra è diventaaata asciutta e dovrò aspettare una aaaltro temporale!» E così dicendo, il serpentone grosso-grosso cominciò a piangere lacrimoni grandi come pere, di tutti i sette colori.
C’erano lacrimoni blu e gialli e viola e rossi e verdi e arancioni e persino lacrimoni color dell’indaco, che sembravano appunto, dei grossi acini di uvagufa.

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Baleno, stordito e agitato, dopo aver preso una capocciata

Cifro, dispiaciutissimo, si sentiva terribilmente in colpa per aver fatto piangere Baleno, e siccome non la smetteva, pensa che ti pensa, riuscì a farsi venire un’idea, una di quelle idee da molti zeri. Con il 3 rovesciato sopra la testa, e il 6 e il 9 ai fianchi, eccolo correre qua e là a raccogliere i lacrimoni di Baleno. E ciaf, e ciof, e ciuf, e cifciaf e ogni volta un gocciolone si raccoglieva, senza che i colori nemmeno si mescolassero. E in men che non si dica, mentre Baleno non la smetteva di piagnucolare, e anzi, un paio di volte aveva provato di nuovo a entrare nel terreno, prendendo solo delle gran capocciate e facendo tremare tutto il bosco, ecco che Cifro aveva riempito tutto ciò che poteva riempire. «Smettila! Smettila di piangere» gridò a Baleno, «So io come fare per farti tornare sotto terra!»
L’altro singhiozzò ancora un poco e poi guardò quell’esserino (Cifro poteva fare diventare i suoi numeri belli grandi, ma per un serpentone come Baleno, restava pur sempre un esserino piccolo-piccolo) con gli occhi ancora lucidi di pianto. «Cooome?» chiese speranzoso.

«Guarda!» e così dicendo scelse un pezzettino di terra e versò tutte le lacrime di Baleno per bagnarlo per bene. «Prova adesso», gli disse.

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Cifro raccoglie le lacrime di Baleno

Baleno non ci pensò due volte e, anche se un po’ timoroso, perché dopo le capocciate che aveva preso non era molto sicuro di riuscire, eccolo scomparire nel terreno, silenzioso e senza muovere un sasso, portandosi dietro tutto il proprio corpo, che in un  baleno, appunto, scomparve dal cielo e lasciò sopra il Bosco di Uf soltanto delle nuvolette bianche e giocose.
Cifro non fece in tempo a essere contento, perché ecco la testa di Baleno sbucare di nuovo, ritta come un palo, spaventandolo quasi, anche se adesso rideva contento e si agitava tutto, mescolando i colori a più non posso.
«Grazie! Ora posso tornaaare nella mia tana e senza dover aspettare il prooossimo temporale!»
«Ma non c’è di che, Baleno», rispose Cifro, abbassando timidamente l’8.
«Sei proooprio un amico!»
«Oh… un amico… Davvero?»
«Be’… hai avuto un’idea e me l’haaai regalata. Gli amici faaanno così, non è vero?»

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Cifro saluta il suo nuovo amico Baleno.

«Giusto! Allora anche tu sei un mio amico!» disse Cifro, che un amico non l’aveva mai avuto, tanto meno uno grande-grande come Baleno.
«Ma io non ti ho regalato nessuuuna idea».
«Oh… però… non ti sei arrabbiato! Nemmeno quando ti ho calpestato la testa!», gli spiegò entusiasta Cifro, che adesso che aveva un amico, gli sembrava di conoscere tutto degli amici, e non vedeva l’ora di spiegarlo anche a Baleno. «Gli amici sono quelli che non si arrabbiano».
«Allora abbiamo duuue amici!» gridò Baleno, felice quanto Cifro, perché anche lui un amico non l’aveva mai avuto.
«2 amici?», chiese Cifro, a cui i conti, con quella storia del 2, cominciavano a tornare ancora meglio.
«Duuue amici, sì. Tu ne hai uno, che sooono io, e io ne ho un altro, che seeei tu. E siccome io non sono tu, allora sono in tutto ben duuue amici!»
«È vero», concluse Cifro, soddisfatto di quel ragionamento, gli amici non potevano mai essere meno di due.
«E adesso deeevo scappare, altrimenti mi prendo un’aaaltra botta in testa. Ciao!» e così dicendo Baleno si rituffò nel terreno, portandosi dietro, in un grande anello variopinto, l’intero arcobaleno.
«Ciao», fece appena in tempo a dire Cifro, agitando la gambetta del 7.

Comments

  • Noè
    9 Febbraio 2013

    …che bello che è, Baleno!
    ^_^

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  • 9 Febbraio 2013

    è un delizioso racconto che mi ricorda quelli per i bambini.
    disegni compresi

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    • 9 Febbraio 2013

      in effetti, è per bambini, anche se non piccoli 🙂

      reply
  • Noè
    9 Febbraio 2013

    …infatti a me piace molto!
    ^_^

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  • 9 Febbraio 2013

    Gesù! @_@
    E poi sono io quello che non ha tutte le rotelle a posto! 😀

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  • 10 Febbraio 2013

    Gelo, è spassosissima!:D
    @Gigi: i numeri li ha proprio tutti!!

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    • 10 Febbraio 2013

      al di là delle battute, a me sembra un prodotto buono, e i numeri mi pare li abbia.
      per ora non la sta cagando quasi nessuno ma… io ho fiducia, e sto scrivendo la seconda storia! 😀

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  • Noè
    10 Febbraio 2013

    …sì secondo me è un ottimo prodotto, sono d'accordo con te, ma te l'ho già detto!
    ^_^
    Forza con la seconda!!!
    Continua ad avere fiducia.

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  • 10 Febbraio 2013

    Come sarebbe a dire che non se la caga nessuno? °A°

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  • 14 Febbraio 2013

    Io covo nell'ombra, si sa.

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