Novembre 2012

C'è più pioggia che bugia, In questa sera travestita d'autunno,  Giunta a piedi e stesasi  Quasi subito,  Davanti al viso caldo del nostro focolare;  Non badiamo al suo scrosciare,  Non badiamo ai fiumi minuscoli  Che portano le foglie ad accompagnare i marciapiedi;  Ciò che non ci fugge tuttavia

Aspettavamo l'uragano,  Vermiglio e ocra e turchese,  Tra sterno e sterno,  Senza assaporare le pietanze del tempo  E della ragione.  Ingoiati,  Come fiumi sussurrati,  I miracoli della galaverna e dell'imbrunire,  Ridevamo delle ombre,  Applaudite e poi obliate,  Nella loro scimmiesca posa.  E rinchiudevamo  Con bottoni e occhiate  E unghie e cuscini,  I cuccioli rubati

Vestiamo la mano di una carezza, La mandiamo via, Vagabonda, A perdersi sulla schiena, Le abbiamo riempito le tassche di un fruscio, Che volevamo voluttuoso,  Ma che il sollievo Ci ha restituito caldo E timoroso. E con la stessa mano, Abbiamo ingravidato le labbra Di un sorriso, Di un bacio, Di uno schiudersi

Nel bagaglio confuso di memorie, Impolverate, In attesa, timorose, D'esser riposte o gettate,  Là Scorgiamo i luccichii. L'acqua delle fontane, per l'immensa sete bambina; L'incanto delle torte, la magia dei palloncini. Un bacio insperato, un amico morto e dimenticato; Un diario, una bicicletta, una serata orfana dei confini. E disillusi, Dal letto, Sbirciamo