Febbraio 2012

Oggi mi chiuderei in una scatola Quadri neri alle pareti di vetro infranto e pieno Di ragnatele, Una nuvola con la pancia rosa come ricordo preciso, Una sedia, due cuscini, un neo, due mani di colori diversi. Mi chiuderei in una scatola con un letto

Se ti regalo un pensiero, Non è perché di troppo  O non della mia taglia. Non è un cucchiaio O un bicchiere, Non una spocchiosa melodia. Né un capriccio spossato, Che riposa sulle rime O uno schioccare di labbra Tumide e sfarfallanti. E non è psiche, tuttavia, Ché là fa troppo

E tornerò da dove sono venuto, Nell'incuria della soggezione, Nell'ubriachezza modesta della curiosità. Tornerò e mi spoglierò dei beni, Delle vesti, le ossa, il cuore, l'eco, Gli occhi e l'incurabilità. Mi spoglierò del fiato e dell'acrimonia. Terrò solo Pregiudizio, Al guinzaglio, Coscienza, In una gabbia di catrame. E anche superbia terrò, Portachiavi

Rivendicare, dissacrare, intraversarsi. E' tutto lì, il vostro puro E scaltro potere, Di cui ci avete riempito le tasche E i coglioni. Avete le parole, Più delle nostre, Icastiche, Asprigne e indigeste. Avete centinaia di vertebre, Disposte come sedie intorno Al cuore. Parlate per strumenti, opinioni, dettagli, Interpretazioni. Ci lasciate poche cose: L'entusiasmo, Le stronzate, I baci

L'asfalto va asciugando, Attutisce la caduta d'ombre e penombre, Le coccola,  Diletta, Ruvido spettro che intreccia le vite Alle morti, Gli occhi al pensiero, Le voci alle parole. Noi ci muoviamo, Spazio per misura: Il tempo regalato si mangia le unghie, Quello rubato Le digerisce.

Prendi al guinzaglio la pioggia, Strattona le pozzanghere e le mille Sue smancerie sul parabrezza; Prendi la pioggia e stringila forte, Da togliere il respiro, Da seminare i brividi sulla nuca E sulle nuvole sprezzanti. Stringi, madre incoscienza, Ché ho peccati da seccare, Cazzate da fare e rifare, Una discarica