"Diario di un killer sentimentale" di Luis Sepùlveda**

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"Diario di un killer sentimentale" di Luis Sepùlveda**

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Non riesco a trovare la copertina di questa uscita… Uff.
Accontentatevi di questa metà, che poi è proprio quella della pagina di uscita del Sole 24 Ore, dove se vi va, potete leggervi un sacco di belle parole su questo “Diario di un killer sentimentale”, che però, vi dico subito, non condivido.
Non ce l’ho con Sepùlveda, intendiamoci, però leggere questo mini romanzo (ci mettete poco più di un’ora, se non fate pause) non mi ha lasciato nulla e mi ha ricordato perché, a un certo punto della mia carriera di lettore, ho smesso di leggere i sudamericani, proprio con Sepùlveda e Coehlo in testa.
Anche adesso, a sentire parole come “gabbianella” e “alchimista” provo un leggero fastidio, ma non tanto per i due libri in sé, o per gli autori, che insomma, fanno il loro mestiere, quando per l’enormità di significati sovrastimati che gli era stata data all’epoca.
Anche questo killer sentimentale, ricordo, ha avuto grandi fasti, e leggendolo, l’altra sera, mi son detto: embé? Tutto qui? Cioè… una storiella, okay, ma da lì a paragonarlo alla “leggerezza” calviniana… non scherziamo dài.
Il libro si legge bene, anzi, troppo bene. Dopo qualche pagina hai già capito dove vuole andare a parare l’autore (killer con donzella che va in vacanza in Messico e lo lascia per un altro, killer che deve uccidere un tizio che guardacaso pare vivere anche in Messico, traete voi le conclusioni) ma non è un problema, anzi.
A me va benissimo se, onestamente, l’autore mi mette subito in chiaro che quella che sarà una sorpresa per il killer non lo sarà certo per il lettore, e agisce di conseguenza. Ma invece qui non è così. Sembra che Sepùlveda creda veramente che io – lettore –  non abbia capito la “sorpresa” finale e me la descrive di conseguenza. Vabbè, a parte questo, comunque, benché il libro sia una classica lettura rapida da sotto l’ombrellone, e in questo penso che la scelta, da parte del Sole 24 ore, sia azzeccata, penso che nonostante la sua fama, la cifra sia davvero inferiore ai lavori di HemingwayRoth delle due uscite precedenti.
La densità io qui non la vedo, e non vedo nemmeno questo dipingere la situazione della vita di un uomo a 50 anni. La situazione del Killer, resta nell’ambito del cliché e mentre leggi sai benissimo che non funziona così. 
Il killer figo, che beve come una spugna, pieno di soldi, e non fa che ammazzare pezzi grossi gironzolando da una parte all’altra del mondo come gli pare e piace, anche se esistesse, è poco credibile. Ci piace crederlo nel racconto, certo, ma appena mi si tira in ballo una figura simile come metafora della crisi di 3/4 di età casca un po’ tutto. Quindi, concludendo, lettura leggera, certo, ma non densa e non profonda. Se lo credete, vi sfido a parlarmi delle sensazioni emotive che questo libro vi ha lasciato… a un anno di distanza dalla lettura. 🙂

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