“Carnevale” di AAVV*** – parte seconda

“Carnevale” di AAVV*** – parte seconda

Eccomi qua!
Dove eravamo rimasti?
Ah sì, i racconti della raccolta Carnevale.
Dunque… ho due soluzioni.
A) Parlarvene in generale, citando il meglio e ciò che è meno riuscito. Riuscendo così a non far arrabbiare nessuno e magari a fare contenti tutti.
B) prenderli uno a uno facendomi dei nemici e rischiando pugnalate alla schiena inferte con coltelli di sale.
Nel caso A, tra l’altro, impiegherei molto meno tempo.
Secondo voi quale delle due vie sceglierò? 🙂

Dunque, primo racconto. Negli occhi della vittima, di Michael Laimo. Ora, non che io sia così appassionato di letteratura di genere da sapere bene chi è Michael Laimo, ma quelli bene informati lo sanno ed è probabile che in questo istante si stiano organizzando per una spedizione punitiva contro la mia ignoranza.
In ogni caso, il racconto che apre la raccolta, è di un nome col botto. Fico è? E il racconto? No, mi spiace, ora, a libro chiuso, non mi ricordo nemmeno di che parla. Il che significa che tanto fico non era. Ora vado a vedere… Ah, sì, la turista a Venezia… La Bautta… ora ricordo. Vi confermo che non è un buon racconto. Anzi, è abbastanza incolore. Però non si poteva fare altrimenti, è logico. E’ già un vanto avere tra le fila un nome simile, e quindi, il posto di apertura della raccolta, ci sta tutto. Sempre parlando di dischi mi ha fatto venire in mente il disco dei Rats. Ve li ricordate come si fecero conoscere? Con un pezzo di Ligabue… che ovviamente apriva il loro disco (Indiani Padani). A dirla tutta, il pezzo del Liga, era il migliore del disco, e allora va bene così, che almeno qui, non dico sia il esattamente il contrario, però… siamo lì eh.

Racconto numero 2: Una sola notte, di David Riva. E già ci si riappacifica con la raccolta. La maschera ritorna a essere un molto più comune e conosciuta. Anzi, la più conosciuta di tutte: Arlecchino. Questo racconto, se fosse un disco, sarebbe uno di quei pezzi che al primo ascolto non ti prende, che non ti ritrovi a canticchiare. Sarebbe uno di quei pezzi con dentro dei particolari che noti solo in seguito, e magari perché qualcuno te li ha fatti notare. Per esempio, l’eleganza. E’ un racconto costruito con quell’eleganza di cui David ha fatto sfoggio in Opera Sei, inutile dire di no. Eleganza lessicale e nella forma, in cui a volte è così perfezionista da poter essere vista come difetto, in quanto portatrice di freddezza. Qui si va a cercare l’origine diabolica di Arlecchino, lo fa rimanere Alichino e lo manda in missione tra i bagordi del giovedì grasso, a cercare un’anima che si è lasciato scappare. Ma non è facile, per un diavolo imperfetto, destreggiarsi nel caos del Carnevale… e Alichino, viene mangiato e masticato e digerito da questo caos, con uno stile che è sempre in bilico tra ironia e riferimenti storici/cultural/mitologici. Insomma… ora che ve l’ho detto, che questo è un buon pezzo, ascoltatelo con attenzione, perché è uno dei pochi che sperimenta. E poi, sticazzi, provateci voi a non far sembrare un banale Arlecchino diavolo la solita macchietta strappasorrisi e bastonate. 🙂

Terzo pezzo, ma vediamo di farla meno lunga, è quello di Zefiro Mesvell, che è una donna eh. E qui io dico solo una cosa. Anzi, potresti dirla tu, Nick, se stai leggendo. Ovvero che a te, Il Sipario strappato, è piaciuto e anzi, me lo hai citato tra i migliori. A me invece no. Zefiro, non me ne volere, e non mandarmi il tuo sicario emo a tagliarmi le vene con la lima per unghie del gatto, ma proprio non l’ho digerito. Saranno stati i simbolismi e manierismo, ma alla fine, anche nell’azione, mi perdevo con chi dice cosa e fa cosa… Facciamo il prossimo, eh 😉 Anche perché, siccome ad altri è piaciuto, è proprio il caso di dire quella cosa latina là dei gusti che si dice sempre.

Poi viene il pezzo di J. Romano, Distorsione, e porcocaco, il pezzo di Jakken è figo. Non è proprio un racconto fruibile, forse è anche un filino lungo, anche se non c’è niente da tagliare e la sensazione è magari dovuta alla lunga parte centrale in corsivo. Però resta un pezzo buono, più che sufficiente, evocativo e orroroso, che trasuda stile. Non vi dico altro, se non che, anche qui, il difficile era rendere originale la maschera (Pierrot) e puntando sul concetto di allucinazione e sulle distorsioni spaziotemporali, ci si è riusciti.
Poi può anche non piacere, ma il pezzo è onesto e completo.

Dunque, vediamo che viene dopo… Non dimenticare mai, di Gabriele Lattanzio. Allora… tanto per cominciare, vampiro, ma non ce l’avevi un titolo meglio? Questo sembra quello di Armony. 🙂 A parte questo, il racconto è classico, con il classico quadro inquietante che mostra un’entità spettromalvagica e l’uomo che da vecchio va a chiudere una storia di quando era giovane. Una di quelle brutte cose che restano dentro una vita e il conto rimane aperto. Si gioca sul bianco nero di Pulcinella e sul rovesciamento degli opposti, che forse, per una maschera come Pulcinella, poteva essere prevedibile. Che il racconto sia classico, comunque, non è un male. In effetti, fino in chiusura, lo si legge volentieri e in scioltezza. Il finale però, forse ignoranza mia, forse no, mi ha lasciato un po’ perplesso. La citazione del servo di Baal, avrebbe dovuto aprirmi a delle cose, ma non è stato così. Sono io che non l’ho capito o sei tu che hai citato Baal tanto per? (è una domanda retorica, non rispondere!). In ogni caso il racconto è sufficiente, anche se mi aspettavo di più.

Siamo quasi al giro di boa, e che si trova? Un racconto di fantascienza! Ovvero un doppio Brighella che in Carnem Levare (titolo bellissimo e azzeccato) ci coinvolge in un avvincente avventura che per ingredienti Saturno, Casanova, Lorenzo il Magnifico e anche parecchia tecnologia… Insomma, un racconto complesso. Stefano Andrea Noventa, per altro, ha una scrittura molto pulita e parecchio gradevole. Tutto bene, quindi? Mmm… non so. Io ho avuto questo problema, riguardo al genere, o meglio, alla eccessiva diversità del genere rispetto agli altri. Tornando al disco, è un po’ come se in un disco dei Decemberists tu ci ficchi una canzone dei Chemical Brothers (o viceversa). Oh, intendiamoci, una buona canzone, però il mood di lettura richiesto è diverso, e questa diversità mi ha penalizzato. Cambiare mood, in una raccolta, è difficile.

Poi poi… sì, okay, c’è Simone Corà, con Très. Ma qui, la questione è del tutto personale e lui non capisce un cazzo. Simone è bravo. Molto bravo. Però si ostina, non so perché, a scrivere racconti dove mescola horror e comicità, e io, sarà colpa mia, non c’è una volta che mi ha fatto ridere. (coi racconti, intendo) 🙂
Très è un bel racconto, godereccio, divertente, forse l’unico che dà un’immagine di Venezia moderna, con i giovanottoni diciottenni vestiti da Zorro che pensano più alle tette della loro prof, piuttosto che altro. E il  modo in cui ti tira subito dentro, il racconto, è da apprezzare. Da apprezzare perché ogni tanto, e nella raccolta ci voleva, bisogna anche leggere le cose con scazzo, dove è importante quel che racconti e che sia vivo. Qui il racconto è vivissimo e agli sfigati protagonisti della storia, succedono di tutti i colori. Poi ripeto, a me, Simone che cerca di far ridere, non fa ridere, ma temo ciò accada perché lo conosco troppo bene di persona. In ogni caso: racconto promosso. 🙂 (E tra l’altro è stato il vincitore della selezione, mica bubbole)

Ecco, poi dopo Très, promosso, c’è il racconto di Davide Cassia, bocciato. Che però oggi è diventato papi e quindi posso anche dirglielo che tanto lui non si arrabbia. Congratulazioni caro. Questo però non ti dispensa dalla ramanzina.
Il ragazzo può fare di più e dopo tutte le belle parole che ho speso per La Clessidra D’Avorio, che sto consigliando a destra e a manca, mi fa simpaticamente nervoso che il Cassia se ne esca con questo raccontino del cassio. Puzzle di carne non funziona, senza se e senza ma. E’ proprio la storia che manca… mi spiace, caro, però qua l’idea di base era piccola, ed era davvero difficile cavarne qualcosa di buono.

E siamo arrivati ai pezzoni.
Allora… di Peste di Samuel MarollaLa Caìgo di Marica Petrolati, Veni Etiam di Riccardo Coltri, non vi dico niente. Li considero i migliori pezzi della raccolta, nell’ordine in cui li ho citati.
Quello di Samuel, con maschera il medico della Peste, è riuscito a farmi saltare sulla sedia e sorridere per l’efficacia con cui mi ha coinvolto. Grande qualità, che ha Samuel, è quella di riappacificarti con il concetto di narrativa intesa come finzione. Con l’idea di essere felice che è un libro, a un certo punto, perché sei talmente dentro alle pagine da essertene dimenticato. Da leggere e applaudire mentalmente.
E stessi applausi vanno a Marica, con la sua Caigo. Racconto che sfrutta alla perfezione la maschera scelta. Maschera, la Moretta, che da pretesto per un tema diventa centro e spiegazione del racconto. Grande idea e grande scrittura, tra l’altro, per un racconto che è pesato talmente bene, nelle sue parti, da essere un buon esempio sul come strutturare un buon racconto horror. Leggere per imparare, insomma.
E infine il racconto riccardocoltrico, che è meno costruito e complesso degli altri due, e anzi, sembra quasi uno di quei pezzi che magari son fatti di due accordi soltanto, ma il gruppo si diverte un casino a suonare e il pubblico si diverte un casino a ballare. E poi, la figura del Selvatico, è quella più evocativa e meno carnascialesca della raccolta e il lato più orrifico e splatteroso di Coltri, qui, esce in pieno ed è piacevole.

Chiude la raccolta Alberto Priora, con una storia che pare di spionaggio e poi diventa un modern fantasy. Credo sia corretto che questo racconto finisca in chiusura, perché l’idea più logica che hai, per una Venezia fatta di canali, è quella che in quell’acqua ci sia qualcosa. Qualcosa di vivo e misterioso. E in questo racconto c’è. Poi, parere mio, la chiusura è troppo clichè e ordinaryfantasy, e una soluzione migliore e un filino più eterodossa la si poteva cercare. Ma insomma, ci può stare anche così com’è.

Finito? Quindi abbastanza bene?
No, purtroppo no. C’è un ultimo dettaglio [al di là del discorso dei Gronchi rosa :)] da trattare.
La cornice. C’è un racconto che inizia e interseca, in una sorta di intervallo, tutti gli altri racconti. Una sorte di cornice dei racconti e cornice della raccolta, scritta da Ian Delacroix e Mario Cella. In sè, l’idea è piacevole, anzi, è talmente cazzuta, in potenziale, che se avesse funzionato lassù, adesso, ci vedreste quattro stelline. Purtroppo non ha funzionato. I perché sono diversi e credo abbiano tutti a che fare con la sua natura di Beta project di questa edizione. Non voglio discutere il perché non ha funzionato, la si farà funzionare nel laprossima Camera Oscura. E’ però abbastanza ingeneroso buttare la croce sulla cornice. Anzi, è proprio da sciocchi. Non c’è scritto da nessuna parte che una cosa simile ci deve essere. Questa è una ghost track, classica. E una ghost track è un regalo, in un disco. Non la paghi. E di una cosa che non paghi, ti puoi lamentare fino a un certo punto. Quindi, per chi volesse questo libro, oltre a chiedermelo, facciamo che vi dò anche un consiglio: potete leggere i racconti da soli, senza la cornice, e poi, alla fine, come quelle ghost track che scopri solo addormentandoti col cd acceso, ti leggi la cornice, che sicurmante diventa anche più organica e piacevole. Lo so… Lo so, Ian, che per questa cosa che ho detto vorresti radermi le rotule col l’alabarda spaziale di goldrake, ma sii buono, che è Natale. Cioè, no… è Carnevale!
E’ tutto. Vi lascio con il book trailer.
Il libro si acquista cliccando sulla scheda libro di Carnevale o rompendomi le palle via mail. 🙂

Comments

  • 7 Febbraio 2011

    Confermo l'eleganza del 2° racconto, ma a me non è piaciuto perché non piace quel genere.

    Il primo è stato più carino, ma non mi ha preso più di tanto.

    Vado avanti con la lettura.

    Non ho letto tutto il post, perché devo ancora finire il libro. Me lo finisco di leggere in seguito 🙂

    E spero di non farmi dei nemici anche io se la raccolta non mi dovesse piacere… 😀

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  • Vampiro
    7 Febbraio 2011

    ahahaha stronzaccio, di solito i miei racconti non ti piacciono proprio, già il fatto che lo ritieni sufficiente per me è un gran traguardo.
    sulla tua domanda retorica: non ho citato a caso 😛

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  • 7 Febbraio 2011

    @vmpr
    riguardo alla risposta retorica, allora, vallo a spiegare all'orso bavoso emo va,
    che per lui era una cosa così
    tanto per.
    Comunque non è chiaro. 😛

    @Daniele
    No tranquillo, quello dei nemici sono io :)))

    reply
  • Vampiro
    7 Febbraio 2011

    come faccio a spiegare qualcosa a un individuo che afferma che anna paquin è brutta? non si può 😐
    in ogni caso prrrrrrrrrrrrr
    XD
    (bella rece, compliments)

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  • 7 Febbraio 2011

    Beh.
    Io non spreco un sicario emo ed una limetta per le unghie del gatto per queste piccolezze. 😉
    Del resto , guai se si andasse sempre d'accordo su tutto .Sai che noia ?
    Per il resto,se ricordi, avevo manifestato i miei dubbi sulla cornice, sul racconto di Cassia -che penso anch'io possa fare di meglio, e a proposito auguri per la paternità-e il mio gradimento su tutto il resto.Per il resto aspettati recensioni anche su Coltri e Mogavero.
    Così poi il sicario dovrai mandarmelo tu.Muahh ah ahah ah. 🙂
    Almeno spero che la Mesvell mi difenda.LOL

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  • 7 Febbraio 2011

    @vmpr
    concordo… partita persa
    comunque denkiu

    @nick
    sei già arrivato? azz… che tempismo!

    reply
  • 7 Febbraio 2011

    d'accordo su alcuni racconti (quello di Marolla eccezionale, il primo giusto un cameo dell'ospite internazionale) e sull'impressione generale della cornice, che anche se collega tra loro i lavori non riesce a renderli davvero un'opera unica. in ogni caso già il fatto di avere un'ambientazione così comune rende la raccolta molto omogenea.

    meno d'accordo su altri giudizi ("veni etiam" per esempio mi è sembrato buono ma non sfrutta il suo potenziale, visto che il mostro non fa altro che comparire e poi andarsene; "distorsione" e "carnem levare" mi sono piaciuti molto, ma io sono sicuramente più di parte per la fantascienza).

    comunque un'ottima raccolta, e secondo me sia nel complesso che nei singoli lavori migliore di archetipi.

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  • 8 Febbraio 2011

    Ciao gelostellato, ti invitiamo a venire a trovarci. Nel nostro blog sognato recensiamo libri, ma soprattutto cuscini, l'ultima nostra lettura prima del sonno.

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  • 8 Febbraio 2011

    @Piscu
    Mah… non so se è come dici tu. A me sono piaciuti molto i simbolismi di quell'ultima(?) sfuriata dell'uomo selvatico, sia nei suoi obbiettivi di rivalsa, sia nelle nuove difficoltà contro la modernità. Vi ho letto qualcosa di più che un "il mostro torna uccide e scappa". Aggiungere complessità, a quel racconto, sarebbe stato difficile da gestire, per poterlo mettere dentro un giovedì grasso 2009. Quindi non so quanto potenziale è rimasto sfruttato. Certo, avrei voluto anche io vedere la vicenda dipanarsi su altri piani e aggiungendo un po' di complessità al plot, ma avrebbe richiesto troppo spazio, mi sa.

    @tgs
    per adesso ho pisciato contro le streghe 🙂

    reply
  • 11 Febbraio 2011

    uff meno male, temevo mi avresti cassato 😛 invece me la sono cavata con un fuori genere… bene bene ^_^

    @Piscu: io e te non facciamo testo, la sci-fi ce l'abbiamo dentro ^_^

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