Penelope Guzman – Il colpevole di E. Parker**

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Penelope Guzman – Il colpevole di E. Parker**

Succede che con avere un blogghe ti arrivano a volte delle mail da sconosciuti. A volte vogliono venderti del viagra, altre volte delle russe formose e bisognose di protezione, membro e passaporto, altre volte ancora è per promozione.
Una di queste mail, più o meno un mesetto fa, era di Eliott Parker (che non ho capito se è uno pseudonimo o proprio il nome vero) e mi chiedeva più o meno se volevo leggere il suo nuovo romanzo. Insomma, da bravo autore esordiente lui si pubblicizza e fin qui tutto ok.
Però il bello è che il buon Eliott, non solo si pubblicizza, ma si offre di inviarmi il libro; al che, io, conscio dei limitati mezzi infiammatori del mio povero blogghe, mi sarei sentito un vigliacco ad accettare.
Così gli rispondo qualcosa del tipo: “oh, senti, carissimo, sei davvero gentile, ma guarda che il mio blogghe lo leggono in quattro gatti e quasi tutti leggono anche il blogghe di Silente, che forse avrà già recensito il libro per Scheletri. Insomma… non vale la pena che tu sprechi una copia omaggio con me…”
Così mi sento già più a posto con la coscienza, penso, se non che il nostro amico Eliott (anzi, tra poche righe mi sa che non lo sarà più, ma per ora lo continuo a chiamare amico) mi dice che per lui è un piacere inviarmi il libro ecc ecc.
Che potevo fare, di fronte a cotanta fiducia e gentilezza, se non accettare e leggerlo appena mi arrivava?
E così è stato.

Se però da un lato ho la massima stima per chi si impegna e crede in quello che fa, ho anche il difetto di non riuscire a tenere la lingua ferma, o a mentire troppo. Ecco perché, parlandovi di Penelope, non posso dirvi che sono tutte rose e fiori.
No, non lo sono.
Silente, che è molto più bravo di me in certe cose, ha sicuramente già trovato e descritto le pecche principali del lavoro, ma siccome io il suo articolo non l’ho letto manco per un cazz, allora scrivo quello che penso io. 🙂
Cominciamo con dire una cosa: che l’autore si sia impegnato nella stesura del suo lavoro, non lo metto minimamente in dubbio. La quasi totale assenza di errori di battitura e di refusi (ne avrò contati un paio) fa capire come Eliott ha indubbiamente passato al setaccio le sue righe per togliere questo genere di pecche.
Altra cosa che credo doverosa, è rendere giustizia all’idea che sta dietro alla trama, che è un’idea completa, un’idea dove, nonostante qualche ingenuità di fondo, si nota l’intenzione di dare vita a un romanzo, a un disegno complessivo che è stato costruito e analizzato prima di comunciare a scrivere, o comunque in una fase di impostazione.

Poi c’è la parte tecnica, e qui ci sono i dolori. Cerco di essere breve, perché se dovessi dilungarmi facciamo notte e ho già scritto fin troppo.

  • difetto principale è quello di essere un libro di quasi 200 pagine e, lo dico senza esagerare, necessitare di una riduzione di almeno metà di questo quantitativo. Quasi ogni cosa sembra ripetuta più volte, quasi come a sincerarsi non ci possa essere alcun dubbio che il lettore fraintenda. La ridondanza è un problema sia nei periodi, sia all’interno delle frasi. Molte frasi cominciano ripetendo la frase precedente e spesso non aggiungono nulla (es. […] un uomo che le aveva confessato un terribile omicidio. Un omicidio violento e sanguinario.) Altre volte invece c’è proprio la tendenza a spiegare troppo, il che, se da un lato dimostra che l’autore non ha lasciato al caso certi ragionamenti, dall’altro stufa il lettore, che di certe ricerche decisamente vuole sapere il minimo indispensabile per gestire la coerenza dei fatti (esempio: va benissimo che Penelope faccia ricerche su google in riva al mare, ma mi è di scarso interesse che mi si spieghi come attraverso il wireless sia possibile che Penelope si connetta a internet in un luogo che è lontano dal centro abitato ecc ecc). Insomma, queste sono delle ingenuità, che sono del tutto comprensibili e normali in un autore alle prime armi, ma che anche al lettore non smaliziato saltano all’occhio. Di chi è colpa? Lo dico dopo.
  • Punto due, collegato al punto precedente, è il fatto di essere decisamente troppo ripetitivi in alcuni cliché, che dopo molte volte ripetizione, innescano una sorta di lettura automatica che spingono il lettore a saltare il paragrafo arrivando alla sua fine senza leggerlo. (anche qui, ad esempio, cito il continuo “fumare una delle sue amate kojer” della detective. Quando si arriva dopo la quinta o sesta volta che si legge la frase “una delle sue amate kojer” l’occhio tende a voler finire al più presto quel passaggio). Di chi è colpa? Lo dico dopo.
  • Punto tre. E qui siamo in un’altra zona. Zona grammaticale sintattica. Ci sono errori. Pochi, forse pochissimi, ma possono costare cari. Un esempio per tutti: perlappunto, per quanto io sia il primo a votare per l’abolizione dell’apostrofo, sono tre parole staccate, e qualunque correttore ortografico lo direbbe. :). Dico subito che sono pochi, certo, ma ripetuti, come le d eufoniche a grappoli. Ecco perché io faccio questo ragionamento: metti caso che io piglio in mano il libro e lo apro a caso, e mi cade l’occhio su “perlappunto”… lo comprerei un libro simile? La risposta è: solo se costa pochissimo e con molta paura. Di chi è colpa tutto ciò? Lo dico dopo. Anzi, lo dico subito. 🙂
La colpa è dell’autore solo per il terzo punto. Per i primi due siamo di fronte a errori che un “esordiente” può commettere, e solo l’esercizio e il confrontarsi con “editors” di ogni genere e con sè stessi, può eliminare. Un autore che scrive e ha idee, e continua a scrivere, e scrive ancora, man mano che migliora si accorge subito di ciò che non funzioni in questo stile che spesso si avvicina più a un “tema descrittivo” più che un’opera di narrativa. Ecco perché la colpa non è certo dell’autore, ma è di qualcun altro. Per farvi capire di chi è la colpa, vi lascio solo con una domanda:

Dopo aver letto un libro che comporta una mancanza di editing di questo genere, e che anche se ha un’idea di fondo che potrebbe essere buona (un giallo con solo due possibili colpevoli in cui tutto sembra chiaro, ma un reo confesso dice l’opposto e la detective privata strafiga deve dimostrare semplicemente che ha ragione il reo confesso), è stato marchiato da uno stile acerbo e ridondante che avrebbe avuto bisogno di crescere ancora un po’… ecco dopo aver letto questo libro, se mi trovassi di nuovo di fronte a un libro targato “Seneca Edizioni” lo comprerei?

Bene. Ho finito. Immagino di avere, adesso, altre persone che mi odiano, compreso Eliott che, probabilmente, avrà già costruito una bambolina voodoo con le mie fattezze, ma che posso invece incoraggiare, perché nonostante l’essere acerbo, “Penelope Guzman” lascia l’idea che ci possano essere, in futuro (e con fatica, of course), molti miglioramenti. 😉

Ah, un ultima cosa… io Penelope l’avrei fatta più tettona! 😀

Comments

  • 20 Marzo 2009

    Se le russe di inizio post (quando ancora ti stavo leggendo e Morfeo non mi aveva violentato le palpebre) non le hai buttate via a me servirebbero ecco manda manda…

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  • gelostellato
    20 Marzo 2009

    fin'ora le ho già piazzate, ma la prossima mail tranquillo che te la giro… per lo meno dai un'occhiata alla foto e poi decidi, mi pare ci siano anche gli incentivi del Governo adesso.

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  • 21 Marzo 2009

    Io mi sarei fermata alla copertina del libro. Preconcetti? Mah…

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  • 22 Marzo 2009

    No, dai, la copertina non è mica male… 🙂

    Ma, ehi, telespallagelo, sono le stesse russe che mi avevi promesso quest'estate? Maledetto imbroglione…

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  • 22 Marzo 2009

    No, ma che hai capito!? Mi sarei fermata a guardarla le ore sulle ore! 😉

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  • gelo
    22 Marzo 2009

    ehi capellone mononeuronico che non sei altro! le russe te le avevo mandate, ma sono tornate indietro a bocca asciutta perché eri impegnato a scrivere…
    ora le mando a elvezio anche perchè le avevo chiuse in cantina ed è da un paio di week che non le nutro…
    sai
    avevo da scrivere…

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